Una bilancia sbilanciata
Antico simbolo di giustizia ed equità, la bilancia, bi-lanx in latino (due piatti), nacque dalla necessità di pesare i metalli preziosi, diventando strumento imprescindibile nel commercio internazionale per poi entrare nei laboratori scientifici e nella nostra cultura.
La necessità di pesare, valutare, controllare, perfezionare, per equità di mercato internazionale, è davvero antica e parte dal presupposto di rendere oggettivo ed equalizzato il peso dei metalli, prevalentemente. Successivamente con opportune modifiche e perfezionamento degli strumenti da pesa, la bilancia può entrare anche nell’alchimia, nell’erboristeria e dovunque sia necessario poter calcolare il peso di qualunque cosa.
Per il nostro mondo occidentale, il bilanciamento è sinonimo di equilibrio, armonia, proporzione: chi vorrebbe mai una bilancia sbilanciata? La prima cosa che facciamo quando vediamo che la nostra bilancia non è precisa, è tararla, oppure cambiare le batterie se è elettronica. Fatto sta che nessuno vorrebbe mai che uno strumento nato per bilanciare, si sbilanciasse!
Allo sbilanciamento abbiniamo qualcosa che non va bene infatti, perché siamo abituati a concetti come equilibrio e stabilità come a valori portanti della nostra disciplina umana, materiale e intangibile. Perdere l’equilibrio per un attimo, anche a livello psicologico, ci crea instabilità emotiva, insicurezza. Se fisicamente possiamo sbilanciarci e cadere, rischiando di farci male, psicologicamente è altresì rischioso sbilanciarsi in opinioni o giudizi su situazioni e persone.
Se la bilancia è ben tarata e gli scambi sono equi, allora successivamente segue la fiducia e la relazione nel rapporto commerciale.
Quale risultato avremmo allora nell’adottare come strategia per aumentare la fiducia e il giro d’affari, proprio una bilancia volutamente sbilanciata?
Forse ci può aiutare l’antico Egitto con il Dio dei morti Anubi.
Anubi decideva l’ingresso dei defunti nell’oltretomba pesando la loro anima mettendo su un piatto della bilancia il cuore e sull’altro una piuma. Un’equalizzazione davvero curiosa, cuore e piuma. Incredibilmente sbilanciata per i nostri valori. Se pensiamo a inferno e paradiso e al peso del peccato nella religione Cristiana, allora possiamo immaginare che un’anima debba pesare molto di più e valere tanto per superare il giudizio divino e salire in Paradiso.
Mi piace l’idea di pensare a questo simbolismo egizio, detto Psicostasia, come ad una contraddizione insita nella bilancia stessa, come se non fosse poi uno strumento così esatto secondo un metro relazionale. Perché funzioni come strumento di misura etico, si bilancia con la leggerezza della piuma: buone azioni e tante: verità e giustizia reggono il peso della piuma, mentre i comportamenti iniqui non pesano come la piuma!
Lo strumento bilancia è perfetto per gli scambi commerciali, ma per quelli relazionali? Chi pesa e misura le azioni, i sentimenti, i valori di ciascuno di noi in vita? Si può pesare fisicamente un’anima? Oppure stiamo mescolando concetti oggettivi terreni con aspirazioni filosofiche più alte? Pesare il risultato di una vita dopo la morte è come mettere a bilancio ciò che siamo stati e quello che ne resta, ci dice l’antico Egitto, non è misurabile oltre ad una piuma… nel senso che è impalpabile eppure smisurato, grandissimo, come la bilancia sbilanciata che già in vita ci consente di godere di una libertà impalpabile a fronte di azioni materiali, senza aspettare l’oltretomba, qui, nell’adesso, vivere dello sbilancio comportamentale delle relazioni trovando felicità e abbondanza in vita in cambio di una piuma, sapendo quanto vale una piuma!
Le relazioni business, avvenendo fra persone che hanno sogni nel cassetto, valori, aspirazioni, credenze, identità uniche, non rispondono alla bilancia terrena. Non funziona che mi prendo cura di te solo se lo fai anche tu, che mi ispiri fiducia solo se io ti ispiro fiducia, che mi apri il tuo portafoglio clienti solo se io ti apro il mio. La relazione non è transazionale, è solo lì che voglio esattezza commerciale e una bilancia super tarata. La bilancia che serve per creare una relazione business di fiducia deve essere sbilanciata, un’azione disinteressata.
Ovviamente sto parlando per metafore, che però ci aiutano a trovare un cammino relazionale fatto di investimenti in fiducia, in un bene prezioso ma non bilanciabile con null’altro che con il proprio dare liberalmente.
Immaginiamo di avere la bilancia della nonna con i due piatti. In uno mettiamo qualcosa e perché si arrivi all’equilibrio, nell’altro dobbiamo mettere qualche cosa d’altro che abbia lo stesso peso. Questa è la logica, la cosa giusta da fare. Io metto una cosa, tu ne metti un’altra. Nella bilancia sbilanciata delle relazioni non è così: mettiamo azioni, tempo, forse anche denaro sul nostro piatto, e di là otterremo qualcosa che assomiglia molto alla piuma di Anubi, la fiducia.
Per avere successo in questa strategia di business, la bilancia deve essere tarata allo sbilancio: saremo in equilibrio tanto più metteremo noi, in prima persona, più azioni possibile in forma di dono, rispetto all’altra parte.
Il dare è il passaggio principale nella creazione della reciprocità. Il dare e il ricevere nel luogo comune hanno come punto di arrivo una normalizzazione ed equilibrio livellatore: ti do 10 mi ridai 10, faccio un favore mi fai un favore. Nell’universo relazionale il donare dovrebbe essere fatto di un solo passaggio, quello del dare, senza stare ad aspettare la riscossione, non bramiamo di andare in equilibrio. Sbilanciando sul dare vivremo nell’abbondanza, e lì dentro tutto avviene e tutto ha significato: dare quando dall’altra parte c’è accoglienza e piacere nel ricevere. Tutto questo potrà avere un maggior riscontro se la bilancia è volutamente sbilanciata.
Se pensi anche tu che il dare valga già in sé stesso ben più del ricevere, prova ad applicare questa attitudine nella costruzione della prossima relazione d’affari e scoprirai quanto questo contribuirà a creare apertura, curiosità e fiducia nella relazione.