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Camminare insieme, ma come?

29
Feb, 2024

Siamo noi a scegliere chi far entrare nelle nostre relazioni, dopo aver fatto un lavoro sulla nostra personalità per scoprire chi siamo veramente e avere una chiara direzione.

È questo lavoro su di noi che ci ha portato a scegliere la persona su cui investire a livello di relazione per poi andare ad ascoltare l’altro nello stesso modo pulito, senza maschere, che abbiamo utilizzato per ascoltare noi stessi.

Fatto questo percorso siamo in grado di andare a scoprire i nostri indizi di risonanza. Cosa sono, quindi, questi indizi? Sono punti di collegamento che ci portano a scoprire le sinergie che si possono creare a partire dalle caratteristiche personali e dalle competenze di ognuno e che vengono poi condivise per potenziare l’energia verso il raggiungimento degli obiettivi.

È importante la nostra focalizzazione; più siamo focalizzati rispetto alle cose che vogliamo ottenere, più ci mettiamo subito nelle condizioni di riconoscere le persone che risuonano delle nostre stesse emozioni.

Questo ci permette di individuare più rapidamente le persone con le quali andremo a collaborare. Nell’ambito del business vuol dire condividere gli stessi valori, conoscere e apprezzare la Vision e la Mission che le altre persone hanno, esprimere il nostro talento. Il contributo maggiore che possiamo dare all’altra persona avviene quando noi ci sentiamo volenterosi nel partecipare al raggiungimento degli obiettivi comuni.

Essere risonanti con le altre persone vuol dire avere dei valori che non si emanano solo all’atto materiale, ma sono legati a un perché facciamo quello che facciamo ed è uno stato condiviso e accettato dalle parti: non è solo mio, ma diventa nostro.

Inizia quindi un cammino, che ha inizio dalla messa in comune delle proprie sinergie. Il camminare insieme è la manifestazione stessa del dialogo.

Se pensiamo a questa analogia, il nostro modo di camminare insieme a qualcuno dice tutto sulla relazione che abbiamo con l’altro. C’è chi usa un passo troppo veloce rispetto al nostro e tende a stare sempre qualche metro davanti a noi, anche se noi gli corriamo dietro. Chi si stanca e si ferma e si trascina e, tenendoci sottobraccio, ci frena. Chi si appoggia, magari senza accorgersene. Chi ci strattona sempre in qua e in là, perché non sa andare dritto.

E c’è chi ha il nostro stesso passo: è la persona con la quale noi abbiamo intrapreso una relazione di valore. Non siamo soli, c’è una persona che sta avanzando con noi in una direzione ben precisa in mente che va oltre l’orizzonte.

È un cammino in libertà: abbiamo scelto di camminare insieme. L’inizio del cammino è anche inizio di collaborazione, vuol dire lavorare insieme, il che implica una condivisione di compiti, con l’esplicita intenzione di aggiungere valore al risultato che una persona otterrebbe dall’eseguire il lavoro individualmente.

Camminare insieme, ma come?

Il concetto di base della collaborazione è espresso dal fatto che due individui si mettono insieme per raggiungere un obiettivo comune. Il tutto è basato sull’idea che la condivisione di conoscenze, realizzata attraverso la cooperazione, aiuta a risolvere efficientemente i problemi.

Perché ci sia un’efficace collaborazione o cooperazione, ci deve essere un impegno nel mutuo aiuto, un senso di responsabilità per l’altra persona e per gli obiettivi. Per collaborare efficientemente è indispensabile condividere parte delle proprie competenze. Quante? Tutte quelle necessarie a ottimizzare la collaborazione volta alla buona riuscita del progetto comune. La condivisione delle competenze è un meccanismo virtuoso, generatore di valore.

Tutte le relazioni sono fatte di alti e bassi. Cosa fare se ciò avviene? Innanzitutto ricordarsi che il conflitto nasce dalla negazione di un bisogno. Quando percepiamo che qualcuno ci sta negando qualcosa a cui noi teniamo in modo particolare vediamo minacciata la nostra dignità e integrità, ci poniamo in posizione di difesa o di attacco impedendo all’altro di entrare in relazione con noi in modo spontaneo.

I bisogni possono essere i più svariati: dalla stima, al riconoscimento, alla realizzazione di sé, alla sicurezza e così via. Una buona soluzione è, ancora una volta, mettersi in ascolto attivo dell’altro per capire cosa abbiamo messo in discussione con il nostro atteggiamento.

Capire, con un atteggiamento empatico, il suo malessere per andare ad alleviarlo e a raggiungere una soluzione positiva per entrambi. Condividere e dialogare in modo costruttivo per analizzare in modo reciproco gli atteggiamenti da modificare o migliorare.

Vuol dire lavorare sulla relazione per prendersene cura e tenerla sempre valida e forte!

E voi, vi siete già messi in cammino?

Andrea Colombo

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